I bambini e la frustrazione: mamma e papà, lasciate che me la cavi da solo!

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È condivisibile pensare che già da piccoli i bambini si trovino dinanzi a situazioni in cui dover “sopportare” il non poter ottenere tutto ciò che desiderano tanto semplicemente quanto lo richiedono?
È solo una caratteristica del bambino piangere e dimenarsi dinanzi il “non avere” o possiamo rintracciare anche nelle interazioni e nelle relazioni con gli adulti qualche aspetto considerevole?
Un bambino dovrebbe imparare già da piccolo a digerire le sconfitte.
Ma come avviene che si sviluppa tale capacità?
La famosa teoria dell’attaccamento, sottolinea quanto sia importante un buon legame con la madre nei primi anni di vita.
Se il bambino si confronta con genitori essi stessi con una buona capacità di gestire le proprie emozioni e in primis di sopportare, ad esempio, vedere un figlio piangere ( laddove il pianto è espressione di qualcosa che non si può avere), non estremamente ansiosi e iperprotettivi, sarà facilitato nella capacità di conoscere le proprie emozioni e gestirle: il papà e/o la mamma che consolano la sua rabbia, condividono la sua felicità, regolano inconsapevolmente le emozioni del bambino consentendogli pian piano di imparare a riconoscerle e poterlo fare poi, da solo.
Una buona relazione di attaccamento tra madre e bambino è fondamentale nello sviluppo della tolleranza alla frustrazione.
Cosa intendiamo per buona relazione di attaccamento?
Il legame tra madre e figlio in cui a ciascuno pian piano viene lasciato il proprio spazio all’interno del quale potersi esprimere ed in cui consentire anche al papà di inserirsi; in tal modo il bambino impara che tutto ciò che gli viene amorevolmente offerto dalla madre non deriva dal suo “potere” di richiederlo, bensì dalla comprensione che la mamma agisce nei suoi confronti tuttavia considerando oltre al momento in cui è possibile dare, anche quello in cui si fa importante non concedere.
La capacità di sopportare le tensioni e di tranquillizzarsi, si chiama autoregolazione.
Essa è presente in tutti i bambini in quanto potenziale e va aiutata a svilupparsi.
In che modo?
Il bambino non va protetto da qualsiasi insuccesso; va guidato e sostenuto nell’affrontare qualsiasi situazione difficile senza che l’adulto pretenda di sostituirsi a lui nella soluzione del problema.
La vera capacità dell’adulto sta nell’essere stato egli stesso un bambino che ha imparato a tollerare “i no”.
In questo modo potrà sinceramente trasmettere al bambino la fiducia nell’attesa del tempo in cui raggiungere uno scopo.

“Se qualche desiderio non viene esaudito, non stupirti. Si chiama vita.”
(A.Freud)

Dott. Ssa Fummo Immacolata
Psicologa, Psicoterapeuta APS Newid