Il bullismo. Come possiamo distinguerlo da un litigio?

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Numerosi sono i fenomeni di bullismo tra giovani e giovanissimi. Le pagine dei giornali, i social network, i telegiornali e i racconti tra amici narrano episodi di violenza, discriminazione ed emarginazione che avvengono tra i banchi di scuola, nelle palestre o per strada.

Il bullismo consiste in atti di aggressione perpetrati in modo persistente, intenzionale ed organizzato, ai danni di uno o più compagni che non possono difendersi a causa dell’asimmetria di status o di potere.

Il bullismo si manifesta principalmente in quattro modalità:

  • tipo fisico: aggressioni fisiche (calci, pugni, spintoni…), oppure danneggiamento/furto di proprietà altrui;
  • tipo verbale: insulti e derisioni dirette o indirette;
  • tipo psicologico: azioni volte a colpire i rapporti di amicizia della vittima con il fine di isolarla.
  • cyberbullying o bullismo elettronico: attuato tramite apparati elettronici o informatici attraverso l’invio di messaggi molesti sul cellulare o la diffusione in rete di immagini di una persona senza il suo consenso, con lo scopo di diffamare, minacciare o infastidire.

Ma come possiamo distinguere un atto di bullismo da un litigio? Sono quattro gli aspetti per discriminare i due fenomeni:

  1. La Frequenza: il bullismo è un ripetersi di eventi frequenti e che durano nel tempo, a differenza del conflitto che è un evento che capita occasionalmente;
  2. Il Potere: nel bullismo sia il bullo che la vittima percepiscono uno squilibrio di potere spesso confermato dall’ambiente circostante, invece, nel conflitto chi partecipa si percepisce reciprocamente “alla pari”.
  3. L’Empatia: il bullo non ha empatia nè compassione e vuole fare del male con intenzione, al contrario, nel conflitto, è possibile mettersi nei panni dell’altro e quindi mediare.
  4. La Vittima: nel bullismo la persona bullata è sempre la stessa a differenza del conflitto dove le persone prese di mira possono cambiare.

Quando parliamo di bullismo intendiamo, quindi,  un tipo di relazione fra un ragazzo e un proprio coetaneo (o un gruppo di coetanei) caratterizzato da tre elementi:

  • Asimmetria della relazione. Deve essere presente uno squilibrio nel rapporto di forza tra un ragazzo (vittima) e un ragazzo/i (prepotente). Questo squilibrio può essere dovuto ad una diversa forza fisica, ad un maggior prestigio sociale, familiare, intellettivo. Il più delle volte si tratta di uno squilibrio che riguarda differenze nel carattere e nella personalità che impediscono alla “vittima” di difendersi dai comportamenti di prepotenza.
  • Intenzionalità. Il ragazzo che si trova in una posizione di maggior forza rispetto al compagno si avvale della propria superiorità per infliggere un danno attraverso atti aggressivi intenzionali di varia natura. Non sempre quest’intenzionalità indica la piena consapevolezza emotiva di ciò che si infligge all’altro.
  • Sebbene anche un singolo episodio può essere considerato una forma di bullismo, è più opportuno parlare di bullismo quando questo tipo di relazione persiste nel tempo. Inoltre risulta essere anche organizzato, nel senso che l’aggressore pianifica l’azione con grande meticolosità.

Essendo un fenomeno diffusissimo e molto allarmante, il bullismo va riconosciuto e denunciato, così da poterlo contrastare e ridurre. Da parte di un adulto responsabile identificare le caratteristiche sopra descritte permette di riconoscere gli atti di bullismo più facilmente e di poter agire di conseguenza.

 

Gabriella De Simone

Psicologa, Psicoterapeuta

Associazione Newid