Il perché dei bambini

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Il perché dei bambini: Perché il sole è giallo? Perché piove? Perché c’è la luna? Perché quel cane è bianco?

L’elenco del perché potrebbe continuare all’infinito, come infinite sembrano essere le curiosità che il bambino vorrebbe soddisfatte.

Intorno ai due o tre anni i bambini entrano nella famosa fase dei perché, quella in cui per gioco o curiosità ogni adulto che si trova nei paraggi viene preso di mira e sottoposto a una raffica infinita di domande concatenate.

La fase del perché dipende dallo sviluppo del linguaggio e varia moltissimo da bambino a bambino. In linea generale si verifica tra i due e i tre anni e può proseguire anche fino ai sette o otto anni. Oltre all’età e allo sviluppo conta molto anche il carattere del bambino.

Durante questa fase, il bambino sembra senza freni, è un continuo domandare e a ogni perché ne segue un altro e un altro ancora. Il guaio è che le risposte, messe insieme da parte dell’adulto con fatica e con una certa abilità, quasi mai appagano il piccolo inquirente, che spesso continua imperterrito a sollecitarne altre dando vita a una conversazione senza fine. 

Però può capitare di trovare anche bambini che, seppur rientrando a pieno in questa fascia di età, non hanno mai chiesto nessuna spiegazione. Ovviamente non c’è da preoccuparsi; non tutti i bambini attraversano questa fase o lo fanno in maniera uguale. Come sappiamo, con i bambini non ci sono mai sicurezze, anche perché la fase dei perché non attiene al suo sviluppo linguistico e non lo compromette.

La fase del perché, in generale, è legata alla naturale curiosità dei piccoli: vedono avvicinarsi i nuvoloni neri del temporale e chiedono che cosa stia succedendo. È una curiosità rispetto a stimoli nuovi oppure incompresi.

Nella maggior parte dei casi, le prime domande del bambino si riferiscono all’identità: suonano il campanello e lui chiede chi è, vede una figura sullo schermo del televisore oppure entra qualcuno in casa e la domanda si ripete. Ma il ‘chi’ più importante è lui stesso: da dove viene, perché ha freddo, come mai il suo amico è più alto di lui, perché il papà è più grande…

 In seguito, i perché nascono dall’esigenza di acquisire non solo nuove conoscenze, ma anche nuovi vocaboli.

Solo dopo i 3 anni, i suoi continui perché nascono dal desiderio di ricerca delle cause.

I perché dei bambini possono essere inoltre suddivisi in due grandi categorie:
  1. I ‘perché per conferma’ dove il bambino pone domande per avere la prova che è esatto un concetto che conosce ma di cui non riesce a farsi ragione oppure che non condivide come ad esempio perché devo andare a letto o perché si va al lavoro.
  2. Ci sono invece poi i perché di conoscenza dove le domande hanno tutt’altro valore e significato. Sono quelle che nascono dallo sconcerto determinato da qualcosa che il bambino recepisce e trova in contrasto rispetto a quanto già conosce, grazie all’esperienza acquisita fino a quel momento. Queste domande richiedono una risposta soddisfacente (che non sempre si riesce a trovare) in quanto sono espressione di un reale turbamento.

Non dimentichiamo, infine, che a volte tutte queste domande sono più che altro un modo per attirare l’attenzione, soprattutto quando sono concatenate. Il fine non è più la risposta, ma l’interazione stessa. Questa necessità di attenzione si verifica in particolare quando i bambini sono ancora piccoli; infatti, più crescono e più le loro domande sono frutto di reale interesse, questo significa che si accontenteranno anche sempre meno di risposte sommarie.

Il problema che ogni genitore si pone è: A quante domande rispondere e come porre fine a ciò?

Le prime domande che vengono poste ai grandi, con gli occhi pieni di stupore e che fanno vedere il mondo con occhi diversi e nuovi, sono meravigliose. All’ ennesima domanda, soprattutto dopo una pesante giornata di lavoro, non è detto sia ancora così. È giusto soddisfare la curiosità dei bambini, ma non è necessario superare il proprio livello di sopportazione. Bisogna affrontare questo periodo con pazienza, ascolto e, soprattutto, con la consapevolezza che è solo una fase che prima o poi passerà.

Intanto, nel tempo si sono scoperti vari modi per porre fine a questa catena di perché senza fine. In particolare:

  1. Distrarre il bambino;
  2. Proporre qualcosa di nuovo su cui focalizzare l’attenzione;
  3. Capovolgere la situazione e chiedere al piccolo il perché o cosa sta succedendo, coinvolgendo in un tentativo di risposta;
  4. Porre un freno, spiegando che ora è il momento di andare a cena o che è ora di non fare più domande, ma che si potrebbe riprendere l’indomani o nel pomeriggio o in un qualsiasi altro momento.

Questi sono solo alcuni modi, ma se ne potrebbero pensare altri, soprattutto con i bambini più grandi dove la curiosità va soddisfatta in maniera diversa, come ad esempio coinvolgere direttamente i bambini in piccole ricerche in modo che siano essi stessi a trovare una risposta ai loro perchè.

 

 

Dott.ssa Sabina Colomba Liguori

Psicologa e Psicoterapeuta

APS Newid.