“QUANTO FA MALE?”. Riflessioni sulle forme di violenza ai giorni nostri

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Quando oggi accendiamo la tv o la radio o leggiamo i quotidiani o persino le riviste di gossip, è impossibile non trovare l’articolo, la notizia che ci racconta una violenza. E qualcuno spera ancora si tratti di qualcosa lontano da sé, qualcosa che non potrebbe mai accadere nella sua città, nel proprio quartiere, a casa sua. Spesso, negli anni passati, le notizie che parlavano di forme di violenza erano effettivamente relative a guerre, persecuzioni, attentati, omicidi, rapine, clan, lotte tra bande e così via. Oggi, invece, se ci riflettiamo sono aumentate sempre più quelle forme di violenza “minori”, mi vien da dire “dell’uno contro uno”: moglie contro marito, figlio contro padre, fratello contro sorella, insegnante contro genitore, alunno contro insegnante, bambino contro compagno di classe e potremmo continuare ancora…

E’ come se la violenza, come un virus, avesse infettato qualsiasi aspetto della nostra società, nessun contesto escluso, nessuno può esser certo non possa coinvolgere anche la propria vita.

Ma si tratta realmente di forme “minori” di violenza? Possiamo veramente e ingenuamente considerarle più lievi o innocue confrontate alle guerre, agli attentati e così via? Non credo che il numero delle persone colpite o coinvolte possa essere l’indice che discrimina la gravità della violenza.

Quante forme di violenza conosciamo? Cosa ci viene in mente quando pensiamo al termine “violenza” oltre alle forme già enunciate sopra?

Proviamo a fare un elenco:

  1. Violenza di genere
  2. Bullismo
  3. Violenza fisica
  4. Violenza psicologica
  5. Stalking
  6. Mobbing
  7. Incuria
  8. Abbandono di minori

L’elenco potrebbe continuare all’infinito se sostiamo qualche minuto nella riflessione.

Tutte queste diverse forme di violenza hanno sempre qualcosa in comune: un soggetto contro un altro che subisce, spesso senza capacità o possibilità di agire, una lacerazione. Qualcuno (che purtroppo talvolta è un familiare, un amico, un parente o un conoscente) con il proprio agire, fisico, linguistico o comportamentale, lascia una traccia dolorosa, un taglio nel corpo, nella psiche, nella vita di chi colpisce.

Tante sono le motivazioni che inducono e conducono un soggetto alla violenza e tante altre ancora quelle che, spesso, fan sì che chi le subisce continua a sostare in quella condizione per molto tempo ancora, senza riuscire a riprendere in mano la propria vita.

Il contesto e le relazioni altre che circondano chi viene colpito da un qualsiasi atto di violenza sono risorse fondamentali ma, spesso occorre accompagnare il soggetto in un percorso che sostenga la sua capacità di modificare quanto gli accade e rintracciare la volontà e la forza per reagire.

In un articolo successivo tratteremo nello specifico del concetto di trauma e del disturbo post traumatico da stress.

Dott.ssa Federica Visone

Psicologa-Psicoterapeuta

APS Newid