Tic nei bambini: come comportarsi?

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Quante volte capita di utilizzare il termine “tic” in maniera impropria e soprattutto di approcciarsi a chi manifesta tale stereotipia senza sapere realmente cosa fare.

Proviamo a darne una definizione, semplice e comprensibile. Si definisce tic un movimento frequente, rapido e involontario, apparentemente messo in atto senza uno scopo.

Essi possono essere motori o vocali.

  • I tic motori si distinguono in semplici (come un movimento di testa) e complessi (ad esempio saltare).
  • I tic vocali anche si suddividono in semplici ( ad es.tirare su col naso) e complessi (ripetizione continua di parole).

Laddove si esclude il tic quale sintomo di una patologia vera e propria, esso potrebbe essere la manifestazione di uno stato di tensione della persona.

In particolare nei bambini piccoli il tic potrebbe essere la scarica di un’ansia difficile da gestire in maniera consapevole.

Esso consentirebbe al bambino di “buttare fuori” una preoccupazione, qualcosa che lo rende agitato e/o timoroso. Questo accade quando non vi sono strumenti tali da consentire di gestire sé stessi in relazione al problema.

Chi ne soffre, potrebbe provare vergogna anche se non “ne può fare a meno”.

E l’adulto di riferimento potrebbe “perdere la pazienza” facendo notare il “problema” a chi ne soffre fino a rimproverarlo per il fastidio che arreca.

Cosa fare di fronte ad un tic? Come comportarsi?

Non esiste un protocollo di intervento per i tic (nella sua manifestazione più semplice); si sconsiglia, soprattutto se si tratta di un bambino, di farglielo continuamente notare dal momento che questo potrebbe farlo sentire ancora di più in imbarazzo.

Potrebbe essere funzionale, talvolta, restituire al bambino la propria comprensione dello stato di tensione emotiva per provare a rendere più sopportabile la vergogna provata.

Si potrebbe offrire al bambino la possibilità di trovare “un metodo alternativo” che gli consenta di scaricare l’ansia; ad esempio provare a parlarne e restituire un significato a quel tic, così da farlo apparire non così “estraneo” piuttosto “necessario” a dare voce a ciò che è tanto difficile spiegare con parole.

Dott.ssa Imma Fummo

Psicologa-Psicoterapeuta

APS Newid