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Il “cutting”, gesto del tagliarsi, viene descritto da chi lo attua come una modalità per sentirsi ancora vivi, ancorati alla realtà.

Nella maggior parte dei casi si tratta di soggetti che hanno, nella loro storia di vita, sperimentato esperienze di molestie e abusi sessuali, in cui vengono violati i confini personali e intaccata l’identità psichica. Ciò che li accompagna è un profondo malessere e una profonda angoscia ai quali sopravvivono attraverso questa modalità.

In altri casi si tratta di persone che vivono in contesti in cui è presente una profonda anaffettività nelle relazioni, dove può esserci (ma in alcuni casi nemmeno c’è) una cura da un punto di vista materiale, ma non una comprensione e un’accoglienza dei bisogni e delle esigenze emozionali e affettive.

Ma quali possono essere le cause, i motivi che inducono un bambino o un adolescente a tagliarsi?

  • “L’atteggiamento di mio padre mi fa troppo rabbia, quello di mia madre profonda tristezza, ma non glielo so dire”

L’autolesionismo può rappresentare un modo momentaneo di risoluzione di conflitti interni e di regolazione emotiva. Dinanzi ad uno stato emotivo indesiderato, indicibile e vissuto come intollerabile, il bambino o l’adolescente si infligge ferite cercando di ripristinare uno stato tollerabile e più gestibile. Passa da una sofferenza interna, ad una sofferenza esterna, che appare quindi più reale, visibile. Questa modalità comportamentale è un mezzo per poter fronteggiare un certo tipo di sofferenza, ma finisce per assumere una valenza disadattiva.

  • “Non sono capace di far niente, faccio schifo, sono inutile”

In alcuni casi l’autolesionismo può assumere la forma di una punizione auto-inflitta: si nota una certa linearità tra atteggiamenti di scarsa autostima, autocritica e comportamenti autolesivi.

  • “Ora mi faccio proprio del male, mi faccio uscire il sangue così può darsi che qualcuno si accorge di me”

Infine, l’autolesionismo può rappresentare una sorta di richiesta di aiuto, attraverso cui si esprime la necessità di sentirsi visti, accolti e compresi, comunicando il proprio disagio.

Attraverso il cutting infatti, la propria sofferenza dovrebbe apparire più evidente e reale agli occhi delle persone che fanno parte del suo contesto di riferimento.

L’obiettivo di un lavoro psicoterapeutico potrebbe essere quello di cercare modalità più sane di espressione del proprio malessere, partendo dal ricreare una realtà interna affettiva e sensibile ed una più consapevole certezza di sé.

Dott.ssa Denise Basile

Psicologa e psicoterapeuta

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