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Il luogo di lavoro tra tensione e pregiudizio

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“Il pregiudizio è un’antipatia fondata su una generalizzazione falsa e inflessibile. Può essere sentito internamente o espresso. Può essere diretto verso un gruppo nel suo complesso o verso un individuo in quanto membro di quel gruppo”.

(Allport, 1954)

Spesso capita che nei contesti lavorativi si sia oggetto di pregiudizio e di conseguente discriminazione. Probabilmente in un gruppo di lavoro con storia è difficile riconoscere la singolarità e le potenzialità del singolo, soprattutto se è un nuovo arrivato.

Quanto spesso, iniziando un nuovo lavoro che comprendesse un’interazione di gruppo, vi siete sentiti inadeguati?

È difficile per il singolo riconoscere le proprie abilità e le proprie competenze inizialmente, ma è ancora più difficile che questo accada laddove ci sia un gruppo pre-esistente, con già sedimentate, occupato dai propri problemi relazionali. Ponete il caso che nel team ci sia una dinamica di questo tipo: a rotazione, a causa di difficoltà di relazione con i propri clienti e di relazione con i propri colleghi, si trova “il capro espiatorio” su cui dirigere gli attacchi e le frustrazioni.

Come mai può essere così difficile lavorare in gruppo?

Nella nostra società è imprescindibile stare in relazione anche con chi non ci è simpatico dal primo momento. Sul posto di lavoro ci troviamo con persone che conosceremo con il tempo e solo se ci sarà volontà da entrambe le parti. Eppure il lavoro di tutti i giorni ci “costringe” a entrare in contatto anche con chi non sopportiamo.

Potrebbe essere utile soffermarsi, anche per prevenire ansie e tensioni, sul proprio modo di approcciare al lavoro e alle persone con cui si viene in contatto.

Facciamo l’esempio di un reparto di chemioterapia. La complessità del lavoro svolto da infermieri, medici, o.s.s. e, quando ci sono, psicologi è tale che può diventare estenuante lavorarci. Se pensiamo che il focus siano i pazienti, cioè persone che sono sottoposte a trattamenti chemioterapici, che vedono la propria vita sconvolta, a volte irrimediabilmente, ci rendiamo conto di come sia “facile” scaricare, nel gruppo di lavoro, spesso sulla persona più fragile e sensibile in quel momento, le frustrazioni, le tensioni e la profonda inadeguatezza dovuta al contatto continuo con l’altro sofferente. Sarebbe quindi utile, iniziare a pensare luoghi dove riflettere insieme, per esempio gruppi di confronto, condotti da psicologi-psicoterapeuti esperti, che possano dare spazio ai dubbi e alle difficoltà dell’intero gruppo, al fine di non far ricadere sui singoli individui il peso di un lavoro al limite.

Se la persona inizia a riconoscere i sintomi di un esaurimento emotivo e relazionale sul luogo di lavoro, può pensare di consultare uno psicologo-psicoterapeuta per affrontare le difficoltà del momento.

 

Nicola Caruso

Psicologo

Newid A.P.S.

Picture of Alessia Cuccurullo
Alessia Cuccurullo

Ho maturato esperienza nel privato sociale e nel contesto sanitario pubblico.

Dopo aver collaborato con il Centro SInAPSi dell’Università Federico II, che mi ha permesso di maturare un’esperienza decennale nel contrasto alle discriminazioni, in particolare quelle connesse al genere e all’orientamento sessuale, lavoro come psicologa presso il Consultorio InConTra della Asl Napoli 3 Sud, dove incontro persone Trans e con Identità non binarie e le loro famiglie.

Sono didatta presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della Famiglia Ecopsys di Napoli e sono redattrice del Journal of Psychosocial Systems, rivista interdisciplinare di ricerca e intervento nei contesti psicosociali. Mi occupo di consulenze psicologiche e psicoterapie a individui, coppie e famiglie.

Ho lavorato in diversi progetti presso scuole di ogni ordine e grado e ho maturato una buona esperienza nella progettazione sociale.

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Siamo un’Associazione di Promozione sociale i cui obiettivi principali sono la cura, la prevenzione, la formazione e la ricerca applicati al campo psicologico e degli interventi psicosociali.

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