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Il carcere e la solitudine : quali possibili interventi dello psicologo?

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La solitudine può essere la percezione soggettiva del sentirsi soli o l’oggettiva condizione riflessa dell’isolamento sociale. In entrambi i casi l’essere umano attraversa uno stato di sofferenza psicologica tale da sentirsi triste, abbandonato a sé stesso e senza punti di riferimento tantomeno risorse significative su cui poter contare. Alcune situazioni possono generare una condizione di solitudine mai provata prima o difficilmente immaginata, come nel caso della detenzione. La lontananza dai propri affetti e la limitazione della propria libertà personale, sono causa di una sofferenza psicologica nelle carceri.

Per alcuni detenuti lo stare soli è un momento di raccoglimento che consente di riflettere sulle azioni compiute e ritagliarsi la possibilità di uno spazio intimo di dialogo con sé stessi; per altri può diventare un rumore assordante che non lascia spazio ad alcun pensiero ma si trasforma in angoscia, ansia e depressione.

La solitudine può essere talvolta lo stesso sentimento che attraversa il personale che quotidianamente lavora all’interno delle carceri quale reazione alle difficili condizioni in cui oggi opera; la carenza di personale in particolar modo incide molto negativamente sul senso di appartenenza al corpo e di identità professionale per cui molto spesso gli operatori denunciano di sentirsi soli ed abbandonati a sé stessi.

Quale possibile intervento dello psicologo nelle carceri?

Un esperto potrebbe intervenire su due livelli, quello legato alla condizione dei detenuti e degli operatori stessi. Nel primo caso il suo ruolo è quello di tutelare la salute psichica e prevenire il disagio e gli effetti negativi della detenzione. Nel secondo caso promuovere iniziative di contrasto al disagio lavorativo e fenomeni di burn out.

In entrambi i casi si tratta di preoccuparsi e prendersi cura dell’altro nel tentativo di garantirne un benessere psicofisico; la stessa solitudine potrebbe essere rivista non semplicemente come uno stato di isolamento e di abbandono piuttosto di impegno positivo e costruttivo con sé stessi funzionale alla propria vita e allo svolgimento adeguato e gratificante della propria professione.

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