Scrivi che ti passa. L’importanza della scrittura in isolamento

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“Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco.

Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino,

scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”.

(Charles Bukowski)

Quali possono essere i benefici della scrittura?

Siamo abituati ad articoli che sottolineano l’importanza della lettura, della compagnia di un buon libro e del benessere che se ne ricava.

Troppo poco, invece, si dice sul ruolo della scrittura.

A volte, alcuni terapeuti, prescrivono ai pazienti compiti a casa che includono un tempo impiegato a scrivere. Basti pensare al “diario giornaliero” per chi soffre di disturbi nella sfera dell’alimentazione, dove segnare cosa e quanto e quando si mangia. O ancora, l’elenco dei propri obiettivi, la trascrizione dei sogni, la propria biografia familiare e tanti altri ancora. Sono tutti strumenti utilizzati con obiettivi specifici che non saremo qui ad analizzare perché il focus di nostro interesse oggi è sottolineare che ciascuno degli esempi sopra riportati include l’atto della scrittura.

In questo tempo di isolamento molti possono essere i pensieri, le paure, le angosce che ci assalgono, come riportato in un precedente articolo, e, a volte, provare a metterle nero su bianco può essere un primo passo per tirarle fuori e non trattenerle più dentro di sé.

Scrivere ha sempre avuto questa funzione: riuscire a trasformare in parola tutto ciò che portiamo con noi e fissarla su un foglio per darle un luogo che non sia esclusivamente il luogo della propria mente.

Scrivere aiuta, quindi, ad esternare pensieri e sentimenti, ma non solo. E’ anche un primo atto elaborativo perché, nell’azione stessa della scrittura e, dunque, nel passaggio da idee e sensazioni spesso confuse a frasi scritte avviene già una prima elaborazione.

Scrivere e poi rileggere le proprie parole, anche a distanza di tempo, consente di riappropriarsi dei propri pensieri in una nuova chiave e riaccostarsi ad essi con una diversa capacità riflessiva.

Le parole scritte trattengono dentro di sé le emozioni di allora; tramite esse riusciamo a ritornare indietro e giungere velocemente al momento esatto in cui la nostra penna lasciava quella traccia e, come per magia, abbiamo la possibilità anche di risentire le sensazioni che ci avevano spinto a scrivere.

Basti pensare a quando, dopo anni, ritroviamo vecchi diari di scuola e, in un attimo, ci ritroviamo tra i banchi delle elementari o del liceo. E non importa se abbiamo 30, 40 o 50 anni, riusciamo a sentire nuovamente quelle emozioni e, nonostante noi, sorridiamo.

Scrivere è depositare, è lasciare qualcosa di noi in un luogo per poi ritornare quando siamo pronti.

Può essere un buon modo per trascorrere il tempo di isolamento, quest’oggi così “vuoto” ma al tempo stesso così “pieno” di pensieri, ansie, sensazioni. Perché in ciò che lasciamo scritto oggi, potremmo tornare domani, quando questo tempo ci sembrerà lontano. Potremmo ricordare ciò che siamo oggi e comprendere meglio come siamo diventati ciò che saremo domani…

Dott.ssa Federica Visone  

Psicologa-Psicoterapeuta

APS Newid