“TRAUMA E DISTURBO POST TRAUMATICO”. La paura che non va via…

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In un articolo precedente abbiamo aperto una riflessione sulla violenza e le sue differenti forme, sulle difficoltà che vive e affronta chi subisce violenza e sull’importanza di un sostegno psicologico spesso imprescindibile per recuperare le proprie risorse interne.

La violenza è, però, solo una delle possibili cause rintracciabili in quel grande contenitore di eventi definiti “traumatici”. Cosa si intende per trauma?

Dal greco “traûma” che significa “ferita”, il termine indica pienamente il senso di quanto vissuto da un individuo: una ferita profonda, una lacerazione che irrompe nella vita di un soggetto inaspettata e difficilmente integrabile. Si tratta di tutti quegli eventi critici che provocano una rottura tale da dare il via ad un nuovo arco temporale nella vita dell’individuo, come se il tempo iniziasse ad essere considerato in virtù di quell’evento.

Dal momento del trauma, per essere più chiari, esiste per il soggetto la vita che era prima del trauma e quella dopo il trauma: l’evento ha causato un taglio tra ciò che era prima e ciò che è dopo. Uno stesso evento può essere traumatico per un soggetto e non esserlo per un altro; il discrimine deriva dalla possibilità di integrazione di quell’avvenimento nella psiche del soggetto stesso e quindi, dipende dalla sua età, dal momento del ciclo di vita in cui si trova, dalle risorse interne, dal contesto supportivo o meno, ecc…

Ciò che certamente complica le cose è il fatto che, in qualche modo, il trauma è sempre legato direttamente o indirettamente alla morte, alla paura di morire e alla perdita. L’evento traumatico può inoltre essere vissuto e affrontato come una ferita che sebbene profonda riesce, nel tempo, ad essere affrontata dalla persona. Ma talvolta il soggetto viene segnato al punto da non riuscire a riprendere in mano la propria vita, hanno inizio difficoltà nel sonno, nell’umore, stati ansiosi mai presentati prima che spaventano ancor più l’individuo e lo immobilizzano nel suo stato di malessere. Nello specifico si parla di disturbo post-traumatico da stress quando l’evento traumatico viene rivissuto costantemente dal soggetto con pensieri intrusivi e ricorrenti, quando si evitano tutte le situazioni che in qualche modo vengono connesse al trauma subito, quando insorgono irritabilità, difficoltà affettive, insonnia, tensione generalizzata.

Affinché si parli di disturbo post-traumatico da stress, questi elementi devono persistere (non necessariamente tutti contemporaneamente) per almeno un mese e causare la compromissione delle attività lavorative, sociali e delle altre aree importanti per la vita della persona. Chi circonda il soggetto, spesso, prova a incitarlo, a spronarlo a “reagire”, magari con frasi del tipo “cerca di non pensarci più…” oppure “ormai è tutto passato…” ma, sebbene sia fondamentale un contesto circostante presente e contenitivo, la vittima del trauma necessita di uno spazio “protetto”, “sicuro” che gli consenta di rielaborare quanto accaduto e riscriverlo in una nuova storia. Il setting terapeutico può essere proprio uno spazio di questo tipo.  

Dott.ssa Federica Visone

Psicologa-Psicoterapeuta APS Newid