Siamo abituati a leggere (e anche percepire) che ogni anno, da tempo, è sempre più caldo rispetto al precedente. Le Nazioni Unite definiscono “cambiamenti climatici” i cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici; le nostre ultime torride estati ne sono l’esempio evidente e, come confermano le registrazioni, il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre a livello globale. Al di là di un calore estivo disumano, le conseguenze più nefaste riguardano siccità intensi, scarsità d’acqua, incendi gravi, innalzamento dei livelli del mare, inondazioni, scioglimenti dei ghiacci polari, tempeste catastrofiche e riduzione della biodiversità.
È sempre più crescente, quindi, un interesse scientifico nell’esplorazione del rapporto tra la salute mentale e i cambiamenti climatici. Nel 2018, l’American Psychologist Association ha pubblicato un report, dettagliato e costellato di ricerche, sviscerando connessioni e implicazioni tra il benessere psicologico e i cambiamenti climatici. Si è avuto così un focus maggiore sugli aspetti economici, politici, ambientali e soprattutto psicologici, evidenziando che, tra gli effetti acuti e cronici sulla salute mentale, vi sono ansia, shock e traumi (in special modo nelle popolazioni vittime di disastri naturali), stress, depressione, tensioni sociali, aggressività e violenza, abuso di sostanze, perdita di controllo.
Avete mai provato la sensazione di nostalgia di casa anche quando siete a casa? La nostalgia di una casa che per voi sembra cambiata nel tempo? Se sostituiamo “casa” con “Pianeta Terra”, otteniamo la definizione di solastalgia, ovvero ciò che il filosofo Albrecht definiva “il senso di desolazione che le persone provano, consciamente o inconsciamente, quando l’ambiente che le circonda viene radicalmente trasformato dal cambiamento climatico”. Angosciante e ironico, se pensiamo che l’impatto maggiore sul clima è causato dall’uomo. L’uomo è la causa scatenante, ma è impotente sulle conseguenze. La sensazione di impotenza, la preoccupazione per le conseguenze sulle future generazioni e sul futuro del pianeta, tutto questo è ciò che si chiama “ecoansia” ed è lecito supporre che sia il motore di quei movimenti ambientalisti che cercano di smuovere le cose.
In effetti, non possiamo restare immobili. In Newid, riconosciamo l’emergenza climatica e il suo impatto, e lo facciamo sia come cittadini attivi, sia come professionisti della salute mentale. Anche nel nostro piccolo, esistono delle azioni concrete che possiamo fare per ridurre l’impatto del cambiamento climatico, ma è importante impegnarsi anche nella partecipazione collettiva a iniziative ecologiche, divulgare informazioni per promuovere una maggiore consapevolezza sull’argomento e non sottovalutare le conseguenze psicologiche. È importante condividere ciò che si prova con un professionista, quando non possiamo farcela da soli.